Tutti gli articoli di Admin

Zapopan (Messico)

Carissimi: Giorgio, Carla, Simonetta e Nella, grazie per i graditi auguri e per la preghiera che l’accompagna….
Come potete vedere neppure io sono stata tempestiva nel rispondere…..
Io sto bene, Grazie a Dio, e il lavoro non mi manca.
É giá terminato il mese di gennaio e fra qualche giorno inizieremo la Quaresima…..
Ringraziamo il Signore che si fa presente e ci invita a seguirlo per annunciare il suo Regno, e mentre andiamo lo vediamo presente, e mentre lo annunciamo a impariamo a conoscerlo…
Di nuovo grazie di cuore per il ricordo. Rimaniamo uniti nella Preghiera, il vincolo piú bello per rimanere in Lui.
Giá che ci siamo: Buon inizio di quaresima, un tempo speciale di incontro con il Signore che ci prepara alla Pasqua di resurrezione.
Dite a don Francesco che lo ricordo nella mia preghiera affinché il Signore sia per lui forza, consolazione e pace.
Buon anno, buon lavoro, Laura Littamé

Goias (Brasile)

Carissimi,
oggi insieme faremo un viaggio nello spazio e nel tempo. Non vi sto prendendo in giro! Sto partecipando al “Curso de Verao”, come l’anno passato. E’ un corso biblico nel quale si cerca sempre di unire la Parola di Dio con una problematica della realtà sociale contemporanea. E’ in un qualche modo frutto della Teologia della Liberazione che qui in Brasile e Sud America ha fatto tanto parlare di se (nel bene e nel male). E’ un corso popolare ed ecumenico. Vi partecipano, in linea di massima, i leader comunitari delle varie realtà religiose, quella cattolica è la più numerosa. Presente solo qualche esponente delle chiese evangeliche più antiche. Il numero dei partecipanti sta calando e non credo sia un buon segno. Un centinaio i partecipanti con qualcuno proveniente da Bahia, dal Tocantins, dal Mato Grosso… addirittura un vescovo emerito di 75 anni (statunitense di nascita e 45 anni di Brasile) proveniente dall’ ilha do bananal… una delle isole fluviali più grandi al mondo! L’anno passato il vescovo, Dom Waschington Cruz (che considera questo corso una dispersione di forze e con biblisti a volte troppo “liberi”), ha smesso di appoggiare l’iniziativa lasciando i coordinatori del corso un po’ disorientati. Ma è bello vedere che nonostante questa presa di posizione il corso è ancora in piedi. Sono contento perchè mi è sempre piaciuta una Chiesa aperta, pronta a farsi stuzzicare dalle provocazioni interne… una Chiesa colorata e non fatta soltanto di bianco&nero. Quest’anno il tema centrale del corso è il Cerrado (si pronuncia Serrado) che è il bioma tipico della nostra regione. I relatori: Altair Sales, professore nell’università Cattolica (uno scienziato preparatissimo, paleontologo) e Sandro Gallazzi, biblista un po’ sopra le righe (Dom Waschington ha la sfera di cristallo?!!). Non è facile, in poche parole, condividere la preoccupazione per la natura. Il Cerrado è una savana preistorica che già 60 milioni di anni fa aveva raggiunto il suo apice evolutivo, con molti elementi di flora e fauna che si svilupparono solo qui, unici al mondo. Era un tuttuno, nel giurassico, con l’Africa. Ci sono fossili in comune… i continenti non si erano ancora separati. Ecco che per milioni di anni l’acqua piovana si è raccolta nelle profondità degli altopiani che costituiscono i Cerrado per poi generare sorgenti in ogni dove. Nel sottosuolo reti gigantesche di grotte calcaree hanno funzionato come spugna. E questo dura fino ad oggi. Non è un caso che in tutte le nostre regioni siano presenti, con grande abbondanza, risorgive naturali. Che si trasformano in piccoli ruscelli che, unendosi tra di loro, danno vita al Rio Araguaia, al Rio Sao Francisco, e al Rio Paranà. Sono i tre tra i fiumi più importanti del Brasile e del Sud America. Per non parlare di tantissimi altri fiumi “minori”, come il Teles Pirs e il Rio Xingu (Mato Grosso), che riforniscono il Rio delle Amazzoni, che conosciamo. Tutti questi fiumi, negli ultimi 20 anni, stanno abbassando il livello d’acqua (si parla di -3 cm anno!!!!), soprattutto nella stagione secca. Cosa succede? Semplice e tristissimo… è vent’anni che il Cerrado è disboscato e bruciato per far spazio alle coltivazioni estensive di soia, canna da zucchero (per fare l’alcol con cui vanno le macchine, alternativa “ecologica” al petrolio), ecc. e per creare zone di pascolo per le mucche (chi nel mondo non conosce la buonissima carne brasiliana e argentina?). Tutto questo fa si che l’acqua, quando piove, corra rapidissima nel letto dei fiumi senza penetrare nel sottosuolo, quindi senza rifornire il serbatoio sotterraneo. Aumentano i fenomeni di piena ma il livello medio dei fiumi si abbassa. Molti sono già secchi. Disboscare nelle prossimità di una sorgente, come per anni si è fatto senza vergogna, vuol dire condannarla a morte certa. E la cosa più triste è che una sorgente, una volta seccata, non si recupera mai più! A differenza della foresta Amazzonica che essendo un ecosistema “giovane” può ancora recuperare le ferite inferte dall’uomo. Dimenticavo… il Cerrado, a differenza della sempre citata foresta Amazzonica, non ha zone di protezione “speciali”… e quindi l’ingordigia degli uomini si può esprimere quasi senza freni. Ma cosa si può fare? Forse non molto, dato che una bozza di legge per considerare il Cerrado come biosistema fondamentale e importante per la sussistenza degli altri biosistemi brasiliani, e quindi come area da proteggere impedendone almeno in parte il disboscamento… è da ben 15 anni che è ferma, bloccata da alcuni politici (molti?) che hanno legami importanti con chi nel Cerrado ci sta facendo davvero tanti soldi.
Vi terrò aggiornati su eventuali novità… vi ho scritto tutto questo sempre con l’intento di condividere e di aiutarvi a conoscere meglio questa realtà brasiliana. E perchè forse, come diceva il biblista del corso, Dio non ha ancora concluso per davvero la “creazione del mondo”… ha lasciato all’umanità, con molta fiducia, dare le ultime pennellate…

Vi abbraccio forte, tutti.
Il Signore ci benedice.
Paolo

Ps: l’alcol per le macchine è aumentato ieri, in un solo giorno, del 10%… c’è poco zucchero nel mondo e in questo momento conviene usare la canna da zucchero per produrre zucchero ed esportarlo; si abbassa produzione di alcol… il prezzo sale.

Shelabunia (Bangladesh)

Carissimi,
cinquantasette anni fa, esattamente alle ore locali 8 (e qualche minuto) del mattino, scendevo all’aeroporto di Calcutta, la grande capitale del Bengala.
Non avevo allora idea di quanto tempo mi sarebbe stato concesso, né tantomeno di immaginare la quantità e la qualità del lavoro che sarei riuscito a sviluppare. Mi era sufficiente, allora, l’aver raggiunto la terra di missione. Sentimenti che espressi a p. Amatore Dagnino, allora mio superiore religioso, manifestandogli che il mio solo desiderio era quello di trovare comprensione per i miei limiti.
La risposta di padre Dagnino fu per me sorprendente. Prima che io entrassi in noviziato, nel settembre 1942, egli aveva espresso qualche perplessità (d’altra parte era suo compito “testare” la bontà della mia scelta) sulla mia vocazione missionaria. Ma quel giorno la sua risposta fu questa, immediata: “Diventerai un grande missionario!”.
Oggi non so dire se sono diventato un grande missionario o meno. Certo non mi sento grande per tutto quello che ho fatto e si dice di me. Se ho una grandezza è per quello che è in me e che si esprime in una grande gioia e serenità, che nascono da quello che sta dentro di me e rimarrà, anche di fronte alla morte, non per quello che lascerò.
E oggi, se c’è un cruccio che mi tormenta, anche la notte, è il ricordo di tante mancanze, errori, pericoli corsi, più o meno gravi. Cose spiacevoli e paure passate, e che riecheggiano ancora nell’animo, che mi tengono in basso e non mi fanno insuperbire in mezzo a tanto clamore e a tante esaltazioni.
Un pensiero che mi stringe il cuore è il ricordo di papà e mamma, che sento sempre vicini e ai quali ho voluto dedicare il nuovo libro su Lalon, che uscirà in questo mese, inserendo quale “exergo”: “Alle due prime fonti della mia vocazione”. Quanto più lontano vado e tanto più i loro volti mi si illuminano davanti.
Se c’è qualcuno che ha il diritto di godere dei miei risultati, dei traguardi cui sono giunto, sono loro! La loro luce brilla sulla mia fronte: “fronte – kopal”, che nel contesto bengalese vuol dire fortuna, o meglio, quello che è scritto in fronte, come scrittura che si realizza ogni giorno: “oggi!” (cf Lc. cap. IV).
“Kopal” è una parola che uso spesso in risposta alle mille domande che mi rivolge la gente di qui. Al “perché sei in Bangladesh?”, rispondo: “kopal”. Al “perché tanto lavoro?”, rispondo: “kopal”. Al “perché mai ti hanno spinto qui giù, in fondo al Bangladesh, nel Sundorbon?”, ancora rispondo: “kopal”.
Ma quando mi domandano le ragioni del mio interesse per le scritture, per la letteratura, per la cultura (stupisce il mio interesse e la mia conoscenza, in particolare, di quelle bengalesi), allora rispondo che “è un dono che la Provvidenza mi ha fatto attraverso la ‘carne’ e il ‘sangue’ di mio padre e di mia madre!
Dovrei poi citare molte altre persone, ma preferisco tenerle nel segreto del mio cuore, con altrettanta riconoscenza.
In Cristo aff.mo p. Marino Rigon, sx