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Thailandia

Quest’anno faccio I miei auguri natalizi con questa strana imagine, o almeno non tradizionale per questa festa. Eppure mi appare cosi’: Dio che si avvicina a noi, il suo amore si rende evidente ma e’ discreto, non si impone, e lascia a noi la liberta’ di accoglierlo. Cosi’ ogni anno vivo la stessa sensazione di non cogliere affatto la profondita’ del Natale di Gesu’, di Dio che si fa carne. Mi pare sempre che il meglio mi sfugga, ma questo non amareggia anzi mette in moto un cammino di ricerca e di relazione vera con Dio, e il desiderio di accogliere davvero questo amore.

Questo e’ il mio augurio per tutti voi!

Tempo di fine anno: viene da tirare un po’ le somme, e mi sono resa conto che le cose piu’ belle non sono quantificabili. Qui in Thailandia non si puo’ parlare di numerosi gruppi di cristiani, di attivita’ apostoliche in grande, ma tutto si restringe a pochi numeri, e i pochi cristiani non possono assumere tutto e solo piano piano iniziano a fare comunita’. Cosi’ si gioisce a vedere le prime comunita’ cristiane della notra zona, gruppi di decine di persone e non di piu’, che si impegnano a preparare il presepe e la stella da innalzare e illuminare la notte di Natale. Incoraggia l’entusiasmo di due donne cristiane sulla sessantina che accolgono volentieri il mio invito ad andare a trovare gli ammalati e portare loro un po’ di riso, latte e uova… e di una giovane buddista che si aggiunge a noi un po’ per curiosita’ e un po’ trascinata da questo piccolo servizio di carita’. Non si misura la gioia che puo’ portare un gesto gratuito di amore… Portando tante volte gli ammalati all’ospedale, ormai capita spesso di essere salutate dalle infermiere e sentirsi chiedere: “Sister, chi hai portato oggi?”. Non ci chiederanno forse mai per chi lo facciamo, e forse non ci sara’ un annuncio esplicito della nostra fede in Cristo, ma credo che questi piccoli esempi di carita’ abbiano la forza immensa di far germogliare grandi cose.
Cosi’, se questo Natale ci deve parlare, ci parli di gioia, di piccole carezze del nostro quotidiano, tutte da trovare in mezzo a quello che crediamo importante, e che in fondo non lo e’!
Buon Natale di tutto cuore!
Valentina Gessa

Freetown (Sierra Leone)

Io sono qui a Freetown, oggi. La vigilia di Natale, a Vicenza confessavo 8 ore di fila, qui forse confesserò 4 persone a Rokel, il paese dove sto andando a celebrare ogni domenica. Ho detto loro che se volevano potevo anche celebrare la messa di mezzanotte, a qualsiasi ora oggi, anche alle 7. Ma qui in SL ono giorno alle 7 di sera si fa buio e non se la sentono di andare a messa e lasciare la casa incostudita, sotto le feste i ladri fanno festa. E qui non c’è illuminazione pubblica la notte, e allora non si fidano. Pazienza, aspetto domani. Alle 4 andrò a vedere se il coro si ritrova per le prove. Se vado anche io il numero aumenta del 25% (io sono il quarto). Ma la domenica sono di più, e anche senza che vadano alle prove, il canto va benino. Una delle tre studia da infermiera e la mamma deve fare un’operazione e allora è andata a Bo, seconda città della Sl, nel centro del Paese. Pregheremo per la sua mamma domani. C’è anche un signore adulto di buona volontà, che è l’altro dei tre del coro. La messa mi piace tantissimo, iniziamo sempre con la processione solenne (aprono due lettori, uno con il lezionario in alto, poi la signora che fa il commento alle letture, poi l’unico ministrante che ho – lho conosciuto per caso mentre celebravo nella chiesa madre a Waterloo, sede della parrocchia, e poi dandogli un passaggio per tornare indietro, mi ha detto che era di Rokel. Allora gli ho detto che c’era una comunità cattolica anche a Rokel che dista 7 km da Waterloo- , poi una bambina e un bambino che raccolgono le offerte, poi io), e percorriamo i neanche 10 metri della sala, fino all’altare, un tavolo con una bella tovaglia bianca, dove iniziamo.
I canti sono in varie lingue: inglese, poi Krio, Timni, Mende, Limba, Kono e poi forse altre (ma io che non ne conosco nessuna, come faccio a sapere che lingua è, di volta in volta? Mi accontento di battere il tempo con le mani. Ci sono gli strumenti locali, un piccolo tamburo, un tronco vuoto con tre lunghi tagli che viene percosso da due bacchette di legno (kelè), poi lo shaburè (la piccola zucca vuota con attorno una rete con tante conchigliette, o in mancanza di soldi, bottoni, strumenti per il ritmo, e poi un tamburello.
Veramente la chiesa è universale. Sopra la nostra testa c’è un telo cerato, e allora vedo il sole che fa cucù! Per fortuna è finita la stagione delle piogge, così non rischiamo. Adesso fino a fine maggio non vedremo una singola goccia. Mi dispiace scriverlo a voi dell’Italia in questi giorni. Speriamo bene. Un mese fa è venuto a presiedere l’arcivescovo, proprio non me l’aspettavo. La frequenza è di sole 30 persone, ma lui ci crede a visitare le singole Out-stations, o cappellanie, dove non c’è il sacerdote, ma che sono affiiliate a una parrocchia maggiore (in questo caso Waterloo). Ha detto che ha i soldi per la chiesa e fare anche una scuola elementare e sta cercando di far arrivare delle suore che abitino lì, dalla Nigeria. Noi saveriani abbiamo dato al parroco 1500 euro l’anno scorso, per assicurare la terra dove un domani si potrà costruire la chiesa.
Torno a dire che mi sento felice, per me questo è un vero Natale, nel piccolo, 30 anime, metà degli adulti non possono essere battezzati e quindi fare la comunione o sposarsi in chiesa perchè non hanno i soldi per celebrare la festa del matrimonio. Quindi aspettano. Si vergognano a fare un matrimonio semplice (io cerco di convincerli, ma li capisco che è troppo costoso per molte coppie); Bisogna invitare tutti i familiari da entrambe le famiglie, e magari si fermano 3/5 gioni e devi dare riso per tutti, e poi noleggiare un set per la musica da mettere fuori casa per fare festa e un po’ ballare, e poi il vino di palma, i vestiti, ecc. Quindi sono in chiesa a frequentare ma non possiamo battezzarli, perchè in forza del sacramento del battesimo il matrimonio naturale diventa sacramentale, e quindi noi finchè non è celebrato quello tradizionale e l’uomo ha pagato tutta la dote alla famiglia della moglie e il rito tradizionale è stato celebrato, noi non li sposiamo, perchè possono sempre scindere l’unione, finchè il rito locale non è stato celebrato. Pazienza, ci vorrà tempo…

Mi piace andare a Rokel, mi spiace la distanza, 18 km sono tanti, sopratutto per i primi 7 che devo uscire dal traffico della periferia della capitale, e così non posso andarci durante la settimana, perchè sono impegnato con i nostri seminaristi qui a Kissy, periferia di Freetown.

Non posso fare niente per i bambini durantre la settimana (sono solo 4) e i giovani sono 3. ma vengono una domenica sì e tre no. Ci vorrebbe una scuola cattolica, ma qui non ne abbiamo. Vorrei 1 adulto o mamma per fare catechesi, ma l’unico che potrebbe lavora in un altra regione durante la settimana e le mamme sono troppo impegnate, o non sanno leggere, o altro.

È il bello dell’inizio, quando tutto è da incominciare, e preferisco così che una chiesa piena, per esempio come il Natale scorso. Noi saveriani siamo per iniziare, fondare, cercre nuovi sbocchi, piantare, non solo raccogliere. C’è chi si fa il nido, ma allora è solo per gratificazione personale o per farti un monumento. Io preferisco raggiungere Rokel, dove altrimenti 30 figli e figlie di Dio non avrebbero il servizio cattolico a Natale.

Va bene, devo andare a prove di canto. Vi auguro un bellissimo Natale e un 2011 nel nome del Signore. Abbraccione,
a tutte e tutti di S. Paolo.

P. Michele Carlini

Worcester (USA)

Carissimi e Carissime,
Buon Natale! Permettetemi di raggiungere voi tutti con una lettera comune. Grazie!
Si dice: “Lontan dagl’occhi, lontan dal cuore..! Ma, pensandovi, vedo quei quadri colorati e
luccicanti che solo muovendoli un po’ lasciano trasparire il volto nascosto. Così mi basta spostare
un po’ la realtà che vivo per vedere ciascuno di voi.
Credo che questo S. Natale sarà più bello e ricco perché intorno a Gesù si radunano i
popoli di due continenti. Segno profetico dell’unità delle “Genti”.
Qui le feste del Natale con luci, alberi e addobbi, iniziano alla fine di novembre
con la celebrazione del “Thanksgiving”, tipica festa americana del ringraziamento. Le
chiamano “Season’s Greetings”, stagione degli auguri, e vanno fino all’inizio del nuovo anno. E’ un
modo per far sentire tutti a “Casa” dato che gli Stati Uniti sono una sintesi di tutta l’umanità.
Il volto che sempre c’è, ma che appare ancor di più in questo periodo è quello
del “business”, dell’economia, del commercio a tutti i costi e in tutti i modi. Ma basta scendere
qualche gradino per scorgere oltre quest’apparenza la realtà di tanta gente diversa, fatta di
altruismo e di generosità.
Quest’anno, come in Italia, anche qui la crisi economica fa stringere la cinghia più del
solito e fa emergere di più il volto della povertà che c’è anche in America. La radio diceva che un
americano su dieci va a dormire con la fame, che tante famiglie mancano del necessario per vivere
e che tanti bambini e bambine non possono curarsi e non hanno i mezzi per andare a scuola.
Ora, più di questo, mi piace far presente un aspetto poco conosciuto dell’America: quello
della solidarietà che nasce spontaneamente e creativamente dalla gente.
Qualche iniziativa. E’ estate. Si organizza il Festival del Gelato il cui ricavato verrà usato
per progetti educativi per i bambini. Arriva Halloween – come il nostro Carnevale – e i bambini
vanno mascherati di casa in casa per ricevere caramelle. Un dentista, anche per salvare i denti,
lancia l’idea di portare le caramelle da mandare ai papà, mamme, fratelli e parenti che sono in
Afganistan. Ne arrivano kg 250.
Una signora inizia ad aiutare dei poveri intorno a lei. Ora, con gli aiuti che riceve, riesce a
dar da mangiare a circa 1.000 persone al mese. Un’altra signora, che abita qui vicino, va come
volontaria in un centro alla periferia di Worcester che accoglie, per progetti educativi e ricreativi,
3.000 bambini di famiglie latino-americane povere, e almeno 300 di essi cenano prima di tornare
a casa. In tempo di Thanksgiving c’è una gara di solidarietà tra associazioni e parrocchie per far
arrivare a tutte le famiglie povere il tipico piatto tradizionale preparato con tacchino, patate, zucche
e pie, tipica torta americana. Solo una parrocchia ha raggiunto più di 500 persone.
Sembrano i fioretti di S. Francesco..!
Ma, poi, guardo a Gesù nel Presepio, così povero , umile. E’ solo un Bambino! Ma, Egli
ha in sé la forza che salva. Anche questi piccoli gesti, nascosti sotto l’apparenza, sono il volto di
Gesù, il volto della potenza salvifica dell’amore.
Che Gesù, in questo S. Natale, ci doni i suoi occhi per vedere in ogni gesto d’amore la sua
sapienza che opera nel nulla e che tiene accesa la speranza.
A tutti voi i miei più cari auguri di Buon Natale e di Buon Anno!.

I wish to all of you
“Merry Christmas and a Happy New Year!”

Laura Canali