Goias (Brasile)

Un abbraccio di pace a tutti.

E’ da quasi un mese che non scrivo e ne sentivo la mancanza. In realtà stiamo passando una fase un po’ anomala, fuori dagli schemi, un continuo incontro con italiani in visita. In poche settimane abbiamo accolto, seppur di passaggio, la Monica e Francesco, in luna di miele… poi Adriano (fratello di Don Corrado) e la Giorgia per 40 gironi. Poi è stato il turno di una scheggia impazzita del Gruppo Mission (Micio, Pio, Fabri e Monica) qui per una settimana. Per 3 giorni resterà con noi Francesco Agnetti, un caro “mission” che ha deciso di passare le ferie qui ma in modo indipendente. E sabato, dopo il contatto con la realtà degli indios nel Mato Grosso (con Federico Toscani dell’ong Operazione Mato Grosso), il Gruppo Mission vero e proprio arriverà qui. Resteranno davvero pochi giorni ma stiamo preparano coi ragazzi della parrocchia una 4 gironi bella intensa. Saranno loro, al rientro, a raccontarvi.

Tutto questo movimento lo vivo su vari piani. Per un lato è una “anticipazione” del mio viaggio. Dopo mesi di lontananza dagli amici italiani, loro vengono qui. E subito dopo io rientro. Un piccolo antipasto, insomma!! Ma prima che questo è una opportunità formidabile che mi è data per sperimentarmi nell’accoglienza. Io sono stato accolto da questa comunità brasiliana (ma quante persone, nei miei viaggi degli anni passati, mi hanno accolto e si sono preoccupate per me!!) e ricambio, nel mio piccolo, accogliendo i miei amici italiani. Tutto questo movimento di viandanti è inoltre un rivivere il mio primo viaggio in Brasile. La maggioranza dei quindici del GM sono alla loro prima esperienza di missione. E’ un viaggio delicato, desiderato, sognato, costruito da lontano… Mi ricordo del mio primo viaggio, sempre col GM ma nel 2000, qui in Brasile. Per me una esperienza molto forte, che mi ha bruciato dentro. Al ritorno da quel viaggio scrivevo i miei pensieri e mi ricordo ancora una frase, che ha marcato quell’epoca e lascia ancora un segno: “oggi ho aperto una parentesi nella mia vita che non voglio più chiudere…” E allora penso a questi giovani ragazzi, pieni di entusiasmo, che hanno accettato di lasciarsi mettere in crisi da realtà così lontane da casa. Ognuno di loro ha una motivazione, una disponibilità, un perchè che da un senso a questo viaggiare. Cercherò di fare del mio meglio per aiutare questa nostra realtà di periferia ad entrare dentro i loro cuori e lasciare un segno. Tutto il resto è nelle mani del Signore.

Col piccolo gruppetto che ci ha appena lasciati, la scheggia impazzita dei mission, ho avuto una fantastica occasione per conoscere da dentro la realtà del “condomino fechado” (condominio chiuso): è un intero quartiere, costruito in diverse fasi, al quale è proibito l’accesso ai non autorizzati. Muro perimetrale inscavalcabile, entrata con sbarre, telecamere, guardiani armati, metal-detector… per entrare abbiamo dovuto contattare l’ufficio vendite (qui si sa che gli italiani, nonostante fossimo arrivato su una UNO non certo nuova, hanno i soldi!) e siamo così stati accompagnati in un giretto di perlustrazione. Una villa più bella dell’altra, strade deserte e pulite, giardinetti innaffiati. Alcune case costruite in stile neo-classico, altre in bellissime forme tipiche del cubismo e del minimalismo. Che di minimal qui c’è solo lo stile perchè i prezzi sono ovviamente da capogiro! I quartieri, che fanno parte dello stesso complesso, hanno in comune un bellissimo lago artificiale con possibilità di pescarci. Il tutto si sviluppa su dolci pendenze e questo da respiri a viste mozzafiato sulla città. Sono case di avvocati, di politici, di cantanti di fama nazionale…

Il giorno prima eravamo stati, con gli stessi ragazzi, nella nostra favelina qui vicino a casa. Strade sterrate, casette arroccate su pendenze improponibili, bimbi da tutte le parti. E’ il Bico do Pato di cui vi ho già parlato. Abbiamo cioè toccato, e in rapida successione, realtà così diverse e così tipicamente brasiliane. Un pugno nello stomaco che fa male, che deve fare ancora male. Un pugno di egoismo che non deve lasciarci tranquilli. Un divario, una forbice (come dicono i tecnici), che grida allo scandalo e alla giustizia. E volo subito li da voi. Penso dentro di me a situazioni per un lato così simili, di casa nostra, della nostra bella Parma. E poi penso a tutte le persone che ci aiutano, che si responsabilizzano, che condividono, che accettano la sfida di pensare al mondo a come una unica grande famiglia universale in tanti modi che solo lo Spirito Santo può limitare.

E vado a letto con esempi parmigiani di solidarietà strabilianti. E vado a letto un po’ più sereno, ma con tanta e rinnovata voglia di giustizia.

Vi abbraccio col cuore.
Paolo